DUE ROMANZI TOCCANTI: quando l’incapacità motoria non significa incapacità di amare

Non credo alle coincidenze, piuttosto credo a due destini che si incrociano per una ragione, la ragione per vivere.

Ho terminato quasi simultaneamente due romanzi che nella loro diversità – uno è lungo e l’altro breve; uno è un romanzo rosa contemporaneo mentre l’altro un romanzo di fantascienza (sì, è vero, non si può dire che questo genere sia il mio genere preferito, ma più proseguivo nella lettura, più la storia mi avvinceva); uno è di un’autrice inglese e l’altro di un autore italiano; uno l’ho letto in versione cartacea mentre l’altro si trova solo in ebook – sono legati da un tema molto profondo: la paraplegia. L’ultimo libro che avevo letto riguardo a questa tematica è stato L’amante di Lady Chatterley di Lawrence, ma quella era tutt’altra storia. Entrambi i romanzi mi hanno colpito per la grande sensibilità nell’affrontare un argomento che ha creato – e che crea tutt’ora, anche se in sottofondo – molte discussioni (soprattutto in merito al discorso sull’eutanasia). Non voglio riaprire certe ferite – anche se non bisognerebbe dimenticarsene – ma non potevo non concedere loro un posto d’onore sulla scrivania. Non sono testimonianze dirette, ma il modo in cui gli autori hanno raccontato queste storie mi ha lasciato con un certo nodo alla gola che ho faticato ad assopire.

“Fissavo il calendario, la penna in mano. Quel piccolo pezzo di carta patinata improvvisamente si caricò di un’enorme responsabilità. Avevo centodiciassette giorni per convincere Will Traynor che aveva una ragione per vivere.”

Questa frase è tratta dal primo romanzo: “Io prima di te”, di Jojo Moyes (scrittrice che già vi avevo presentato in un precedente articolo).

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“A ventisei anni Louisa Clark sa tante cose. Sa esattamente quanti passi ci sono tra la fermata dell’autobus e casa sua. Sa che le piace fare la cameriera in un locale senza troppe pretese nella piccola località turistica dove è nata e da cui non si è mai mossa, e probabilmente, nel profondo del suo cuore, sa anche di non essere davvero innamorata di Patrick, il ragazzo con cui è fidanzata da quasi sette anni. Quello che invece ignora è che sta per perdere il lavoro e che, per la prima volta, tutte le sue certezze saranno messe in discussione. A trentacinque anni Will Traynor sa che il terribile incidente di cui è rimasto vittima e che l’ha inchiodato su una sedia a rotelle gli ha tolto la voglia di vivere. Sa che niente può più essere come prima, e sa esattamente come porre fine a questa sofferenza. Quello che invece ignora è che Lou sta per irrompere prepotentemente nella sua vita portando con sé un’esplosione di giovinezza, stravaganza e abiti variopinti. Nessuno dei due, comunque, sa che la propria vita sta per cambiare per sempre”

Una vita che presenta il proprio conto e che non lascia alternative. Una vita spezzata, dove i sogni non trovano spazio per volare. Una vita che non ha più alcun senso, che non può continuare. Una vita appesa ad un sottile filo di seta che sorregge sogni leggeri e gravosi pensieri. Poi arriva una speranza. Un’altra vita in bilico, ma con tanto da dare. In due, diventa tutto “più semplice”.

«Sai una cosa?» Avrei potuto restare a guardare il suo viso tutta la notte. Il modo in cui gli occhi si increspavano agli angoli. Il punto in cui il collo incontrava la spalla. «Cosa?» «Qualche volta, Clark, sei praticamente l’unica ragione per cui desidero alzarmi al mattino.»

Ma non è solo lui, costretto a stare su una sedia a rotelle, ad avere bisogno di sostegno. Non è solo lui ad avere bisogno di un affetto represso da tempo. Lei, prima di lui, non era nulla. Con il tempo lo scoprirà, lo scopriranno insieme, ed insieme percorreranno strade nuove, sentieri diversi, cambieranno modo di vedere il mondo che li circonda e… troveranno la forza di ammettere il loro amore? Riusciranno a salvarsi?

Il fatto è che lui non capiva. Non l’aveva ancora elaborato. Che Will ci avrebbe riprovato. Che la nostra vita sarebbe trascorsa in un costante stato di allerta, in attesa della prossima volta, di scoprire quale altro orrore si sarebbe inflitto. Avremmo dovuto vedere il mondo attraverso i suoi occhi, i potenziali veleni, gli oggetti acuminati, la creatività con cui avrebbe potuto portare a termine il lavoro che quel maledetto motociclista aveva iniziato. La nostra vita doveva ruotare intorno all’eventualità di quell’unico atto. Ed era lui a essere in vantaggio: in fondo, non aveva nient’altro a cui pensare. Due settimane dopo, dissi a Will: “D’accordo”. Certo che lo feci. Cos’altro avrei potuto fare?”


Il secondo romanzo – che nella sua brevità mi ha straordinariamente commosso – è di Daniele Federico, nome che vi sarà noto se siete esperti di film di fantascienza: sì perchè Daniele è stato uno dei programmatori di software nel team del film “Gravity” – vincitore di ben 7 premi Oscar, nonché tributato dalla NASA. Il titolo è “Space Runners”.

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Lo trovate QUI – clicca sull’immagine

“Nove giugno 2234. La nave da ricognizione Mercury ritrova presso la galassia di Larterus una navetta monoposto di origine terrestre; al suo interno un essere umano criogenizzato. In un mondo in cui i sentimenti sono oramai dimenticati, il comandante Haven si trova faccia a faccia con Daniel, un ragazzo privo della sua memoria e proveniente da un’altra epoca. Le seguenti indagini svelano gli avvenimenti e lo scopo della missione “Space Runners” a cui Daniel aveva preso parte. Una missione che interessa al comandante molto più di quanto egli creda…”

Tra stelle cadenti, pianeti, galassie sconosciute, si può trovare uno scopo ad una vita che, fino a qualche tempo prima, era bloccata su un letto di ospedale. Lassù egli poteva essere qualcuno. Aveva una missione, e l’avrebbe portata a termine fino alla fine. Lei lo segue, colpita dallo stesso destino, dalla stessa incapacità di muoversi, ma che non significa incapacità di amare.

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Si andrebbe anche dall’altra parte del mondo – in questo caso dell’universo – per amore. La loro paralisi motoria li ha catapultati in una missione che, fin dall’inizio, sembrava impossibile. Ma lui ci credeva, e di conseguenza cercava di crederci anche lei. Andare oltre i confini dell’universo significava superare i limiti della loro incapacità, e questa è stata una metafora ben curata. Possibile che solo loro abbiano conservato la capacità di piangere?

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Riusciranno a sconfiggere le loro paure? Sopravviveranno, insieme? E quante altre vite salveranno?


Due storie bellissime, forti, commuoventi.

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